L’istruzione non riesce ancora a confermarsi parte centrale delle politiche italiane
Con una spesa pubblica destinata all’educazione ferma al 3,9% del Pil, la penisola presenta uno dei livelli più bassi nell’Unione europeaL’Italia si posiziona al terzultimo posto nella classifica europea che calcola il Pil dei singoli Paesi destinato all’educazione, con una percentuale del 3,9%, ben al di sotto della media comunitaria del 4,7%, che conferma ancora una volta una tendenza ormai strutturale, invariata da più di un decennio.
Spesso i bassi investimenti educativi sono ricollegabili alle forti disuguaglianze socio-economiche, salariali e territoriali che si possono andare a creare all’interno di una società. Ancora una volta, i dati certificati dalle elaborazioni di Openpolis-Con i Bambini su dati Eurostat, Istat e Invalsi restituiscono un quadro preoccupante del nostro Paese.
A dare conferma che il livello di istruzione abbaia conseguenze effettive sulle opportunità lavorative e sulle retribuzioni sono proprio le ricerche, che attestano come nel 2022 un lavoratore dipendente laureato abbia guadagnato in media quasi il 59% in più rispetto a chi sul curriculum riporta solo la licenza media, che a sua volta guadagna il 18,5% in men dei diplomati, che di base risultano percepire in media circa 35mila euro all’anno.
È inevitabile precisare che un valore quantitativo non rappresenta per forza un indicatore di qualità dell’offerta educativa. Tuttavia una crescita di investimenti verso la scuola potrebbe tradursi, molto probabilmente, in una riduzione dei divari sociali, educativi e territoriali. I dati raccolti, infatti, testimoniano come la posizione economica delle famiglie tende a aggravarsi al diminuire del titolo di studio delle persone di riferimento.
Tali condizioni tendono a tramandarsi di generazione in generazione, e ha testimoniarlo sono gli stessi studenti che, se provenienti da famiglie svantaggiate, meno frequentemente raggiungono gradi di istruzione più alti, paragonati ai coetanei. Rimane sempre importante per qualsiasi Stato continuare a investire nel campo scolastico per far in modo di rafforzare un’istruzione accessibile per tutti, in modo che i più piccoli possano avere la possibilità di scegliere il loro percorso e, crescendo, di scappare dalla trappola della povertà educativa.
In valore assoluto, l’Italia nel 2023 ha destinato 83,7 miliardi di euro all’istruzione, uno degli importi più alti in Ue, alla spalle solo della Germania e della Francia. Tuttavia è rapportata al livello di Pil, che la somma totale degli investimenti risulta insufficiente rispetto a quella sostenuta dalle altre Nazioni europee. Resta così importante capire che il lavoro che l’Italia deve iniziare a fare è quello di posizionare l’istruzione al centro delle politiche pubbliche, grazie a interventi mirati e assistenze mirate alle scuole e alle comunità educanti che ne necessitano di più. Solo così sarà realmente possibile ridurre la povertà educativa, che divampa ancora nel Paese.
Italia europa - povertà - scuola - istruzione - PIL - investimenti - Ue - educazione

Condividi