Il “costo nascosto” del cibo: cosa celano i prodotti che compriamo?
Tutto quello che viene prodotto per il mercato alimentare ha impatti sull’ambiente, sulla salute delle persone e sulla società in generale. Up2You ha monetizzato questi valoriIl vero costo del cibo va al di là di quello riportato vicino al prodotto esposto sullo scaffale. Al prezzo riportato sullo scontrino, infatti, bisogna aggiungere quello che non vediamo. È importante ricordare come tutto quello che viene prodotto per il mercato alimentare ha impatti sull’ambiente, sulla salute delle persone e sulla società in generale. “La differenza, oggi, la stiamo pagando come collettività e in parte la pagheranno le generazioni future” sottolinea Alessandro Broglia, chief sustainability officer di Up2You, startup green tech italiana che, con uno studio presentato in occasione dell’action tank Food Social Impact 2025, ha cercato di visualizzare e monetizzare il “costo nascosto” del cibo.
Per quanto sia difficile assegnare una cifra, un “prezzo” preciso, alle spese sanitarie, al degrado del suolo, alla perdita di biodiversità, al consumo idrico e all’inquinamento ambientale “rendere visibili questi costi nascosti - precisa Broglia - significa fornire al settore agroalimentare e alla politica gli strumenti per trasformare il problema in opportunità”
L’analisi ha tentato di rendere visibili “le principali esternalità ambientali, sociali e di governance oggi esclusi dalla contabilità tradizionale” di sette filiere chiave del mercato italiano ed europeo (bakery, pasta, conserve, surgelati, carni, latticini, ortofrutta). Per farlo ha sviluppato l’indice Isfa (indice di impatto socioambientale delle filiere agroalimentari), che tiene conto della complessità dei sistemi alimentari per misurarne l’impatto complessivo e permettere di fare valutazioni per aumentare la sostenibilità del settore. L’Isfa prende in analisi tre pilastri – ambiente, nutrizione e persone – e si basa su una ricerca di materialità condotta esaminando i bilanci di sostenibilità di circa venti aziende leader delle filiere selezionate.
I tredici “temi materiali”, ovvero i parametri che sono stati valutati da Up2You tramite un “indicatore di impatto specifico, privilegiando metriche standardizzate e scientificamente validate” sono: il benessere animale, le missioni di gas serra, i rifiuti, il packaging, il consumo di acqua, la biodiversità, i fertilizzanti, i pesticidi, la salute e la sicurezza sul lavoro, le pari opportunità, la salute e sicurezza dei consumatori, il benessere dei lavoratori e la condotta etica.
Ad esempio, per un chilo di yogurt bianco risulta che ai 4 euro di prezzo medio vanno aggiunti 2,61 euro di Isfa, per un totale di 6,61 euro, che registra un aumento del 65%. La passata di pomodoro sale da 2,90 a 4,98 euro (+51%); il pane bianco da 3 a 4,56 euro (+52%); mentre il prosciutto cotto arriva a superare i 4,50 euro al chilo di costi esterni, con un aumento del +27% sul prezzo di mercato di 22 euro. Si registra un extra costo del +32% per le le banane convenzionali, che scende al 19% nel caso delle banane Altromercato, soprattutto dovuto a pratiche più sostenibili. E ancora, i piselli surgelati, che partono da 4 euro, arrivano a costare 4,80 euro (+0,80 euro; +20%).
Entrare in contatto con i costi nascosti del cibo è principalmente utile alle imprese, ai rivenditori e ai decisori politici, in quanto imparando a conoscere i problemi, si possono cercare soluzioni trasformando le criticità in opportunità di innovazione e di competitività.

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