Hiv in Italia: le diagnosi rimangono spesso tardive, mentre cresce l’allarme tra i giovani
Nonostante i progressi delle terapie e gli strumenti di prevenzione, nel 2024 stigma, tabù e scarsa informazione ostacolano ancora troppo spesso i testOgni anno, il 1° dicembre, in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids il mondo si ferma a riflettere sulla lotta contro l’Hiv, una sfida che purtroppo anche nel 2025 resta attualissima. Infatti nonostante le cure stiano facendo passi da gigante e molti casi oggi vengano gestiti come una malattia cronica, i numeri mostrano che il virus continua a circolare e soprattutto vengono ancora fatte molte diagnosi troppo tardive.
Secondo l’ultimo bollettino del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità (Iss), nel 2024 in Italia sono state registrate 2.379 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a circa 4 casi ogni 100.000 residenti, una dato che colloca il Paese al di sotto della media dell’Europa occidentale, che si attesta intorno a 5,9 casi su 100.000. Tuttavia, guardando più da vicino la situazione emerge un aspetto preoccupante: molte di questi casi vengono scoperti “quando ormai è tardi”; infatti sempre più persone ricevono una diagnosi tardiva, quasi il 60% del totale, con una percentuale del 18% che interessa i giovani con meno di vent’anni. Viene così dimostrata come la capacità di intercettare precocemente il virus resti insufficiente.
“Rispetto allo scorso anno - spiega Cristina Mussini, vicepresidente della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit) - ci sono 128 casi in meno, ma questa sostanziale stabilità non deve illudere. L’avere a disposizione la Profilassi Pre-Esposizione (PrEP) e il cosiddetto ‘treatment as prevention’, ossia l'uso dei farmaci antiretrovirali come strumento per ridurre il rischio di trasmissione dell’Hiv, dovrebbero condurre verso una diminuzione più marcata. Invece il virus continua a circolare soprattutto tra i giovani, mentre fatichiamo a far emergere il sommerso. Serve una comunicazione mirata e la formazione nelle fasce d’età più a rischio, con un coinvolgimento di tutti gli attori che possano offrire un contributo sull’educazione sessuale e affettiva”.
La prevenzione rimane così l’arma più efficace contro l’Hiv, perché permette di intervenire prima che il virus circoli in silenzio. Non riguarda solo l’uso del preservativo o la consapevolezza dei comportamenti a rischio, ma anche la diffusione di determinati strumenti come la PrEP e la possibilità di fare test rapidi, gratuiti e accessibili a tutti. Prevenire significa conoscere, parlare apertamente di salute sessuale, superare tabù e stigmi che ancora oggi spingono molte persone a evitare il test per paura del giudizio; significa anche individuare l’infezione precocemente, avviare subito la terapia e mantenere la carica virale non rilevabile, condizione che, oltre a proteggere la salute della persona, azzera il rischio di trasmettere il virus. In questo senso, la prevenzione non è solo un gesto individuale: è un atto collettivo, capace di tutelare non solo sé stessi ma anche le persone con cui si entra in conatto.
È importante non “sottovalutare” il virus, in quanto sebbene con i progressi medici la percezione del rischio è calata e molti pensano di potere infatti “rischiare poco”, di fatto ogni rapporto e comportamento che implica la possibilità di contrare l’Hiv resta un pericolo reale. Un’informazione continua, un accesso semplificato e l’anonimato ai test, sono tutti elementi che potrebbero fare la differenza nell’offrire un supporto reale per chiunque voglia fare una diagnosi.
Italia prevenzione - sanità - informazione - Diagnosi - test - malattie - hiv - aids

Condividi