Da una riflessione di Michela Marzano molti spunti per la generazione Alpha
La penna e la carta più dello smartphone aiutano a fissare idee, valutazioni, intuizioni, lasciando spazio a continui ripensamenti e approfondimentiLa generazione Alpha comprende i ragazzi nati approssimativamente tra il 2010 e il 2025. Sono i primi veri nativi digitali, nati e cresciuti con smartphone, tablet e social network. La tecnologia fa parte integrante della loro vita quotidiana fin dalla prima infanzia, tanto che sono spesso bravi con gli strumenti digitali già da piccoli. Hanno sviluppato competenze digitali avanzate e sono abituati a usare internet, intelligenza artificiale e social media per comunicare, imparare e giocare. Tuttavia, questa forte esposizione comporta anche rischi di dipendenza dagli schermi e difficoltà di concentrazione su attività non digitali.
Pensa a questi ragazzi Michela Marzano, in un suo recente post su Facebook:.
Quand’ho bisogno di pensare, spengo tutto. Computer, telefono.
Prendo un foglio e inizio a scrivere. Una parola. Un’altra. Una freccia, una cancellatura, una frase. Solo così il pensiero inizia davvero a muoversi. Antiquata? Forse.
Eppure anche le mie studentesse e i miei studenti – digitali per nascita – quando devono affrontare un dilemma morale, scelgono spesso carta e penna.
Lo smartphone serve per cercare.
Ma è sul foglio che il ragionamento prende forma.
Sarà che, scrivendo a mano, si aprono cassetti del cervello che nemmeno sapevamo di avere? Nessuna nostalgia dei vecchi tempi, per carità.
Solo il desiderio di ricordare che gli strumenti non sono neutri.
E che saper passare da uno schermo a un foglio, da un eBook a una pagina sottolineata a matita, può fare la differenza. Nello studio. Nell’ascolto. Nella memoria.
Io, i libri più belli li rileggo sempre su carta.
Perché è lì che restano: con le frasi segnate, le emozioni appuntate tra le righe, le pieghe sulle pagine dove ho fatto una pausa per pensare.
Se riuscissimo a raccontarlo così, senza moralismi, forse i più giovani tornerebbero a scoprire che anche una penna può aprire mondi.
Non si tratta di scegliere tra passato e futuro.
Si tratta di tenere insieme tutto.
E di fare spazio a ciò che ci fa pensare davvero.
Michela Marzano è una filosofa e scrittrice italiana nata a Roma nel 1970, che dal 1998 vive a Parigi, dove è professoressa ordinaria di Filosofia morale all'Università della Sorbona. Per settembre è atteso il suo nuovo libro, “Qualcosa che brilla”, sul disagio giovanile e sull'importanza dell'ascolto e dell'accettazione negli adolescenti. Il post su Facebook affronta uno degli aspetti più delicati e urgenti del loro accompagnamento verso l’età adulta: il rapporto con gli strumenti digitali, che può creare dipendenza e isolamento. Sintomo evidente di questi timori, sempre più diffusi tra educatori e famiglie, le restrizioni che in molti paesi sono state introdotte nell’uso dei cellulari a scuola. Provvedimenti comprensibili per le istituzioni, ma non risolutivi e considerati soltanto vessatori da parte dei diretti interessati. Non è con divieti e moralismi che si potrà far scoprire alla generazione Alpha l’efficacia e l’attrattività di altre modalità di relazione e di pensiero, che prescindono dagli smartphone. Si tratta di accompagnarli a scoprire quanto sia bello (e buffo) annusare le pagine di un libro, sottolineare un testo o evidenziarlo con colori fluorescenti, creare dei segnalibri personalizzati, annotare pensieri o disegnare sui margini.
L’obiettivo irrinunciabile è di indurli a pensare, a essere critici, a essere curiosi, a cercare le fonti di un’affermazione. Il pensiero ha bisogno di tempi più lunghi di quelli del mondo digitale, ha bisogno di concentrazione, di scelte, di confronti. La penna più dello smartphone aiuta a fissare idee, valutazioni, intuizioni. Una semplice riga può cancellarli, ma non eliminarli del tutto. Restano impressi sulla carta, lasciano spazio a ripensamenti, ad approfondimenti. Non è una competzione tra passato e futuro. Michela Marzano spiega che si tratta, piuttosto, di tenere insieme tutto. E di fare spazio a ciò che ci fa pensare davvero.
Libri, agende, quaderni, diari non sono spariti dalla circolazione, come qualcuno ipotizzava. Resistono, eccome se resistono. E non soltanto come vestigia del passato, come una moda vintage. Diventano spesso custodi dell’intimità, più fidati di qualunque spazio della rete, pur sempre vulnerabile.
La penna e la carta possono diventare strumenti di una ginnastica mentale che salva dal sedentario quotidiano digitale, aiutano i ragionamenti a prendere forma, aprono cassetti sconosciuti della propria mente, salvano dalle inondazioni di dati e immagini che saturano i cervelli. La penna è la lingua dell'anima, scriveva Miguel de Cervantes. La scrittura a mano coinvolge più aree del cervello rispetto alla digitazione, favorendo una migliore comprensione e memorizzazione delle informazioni, secondo alcuni studi. Incoraggia la creatività e la capacità di espressione, permettendo di sperimentare con parole e idee in modo più libero. Scrivere a mano può essere, inoltre, un'attività rilassante e catartica, che aiuta a ridurre lo stress e a elaborare emozioni negative.
Nella sua prima poesia, scritta a 17 anni nel 1948, Alda Merini diceva:
Ma con un gesto calmo della mano,
con un guardar “volutamente” buono,
noi ci possiamo sempre ricondurre
sulla strada maestra che lasciammo,
e nulla è più fecondo e più stupendo
di questo tempo di conciliazione (da “Santi e poeti”).

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