Aristofane bacchetta il presenzialismo dei politici
Nell’Atene del V secolo a.C. ritroviamo comportamenti ben noti della politica italiana dei nostri tempiAristofane, celebre commediografo ateniese del V secolo a.C., è forse il più noto autore antico che utilizzi la satira per deridere i politici del suo tempo. Nelle sue commedie, come I Cavalieri, Le Nuvole e Le Assemblee delle donne, Aristofane prende di mira personaggi politici come Cleone e tutta la classe dirigente ateniese, mettendone in ridicolo l'ipocrisia, l'opportunismo e la vanità. Sebbene il bersaglio politico sia serio, la satira è spesso applicata a situazioni quotidiane o manifestazioni comuni, sottolineando quanto la politica possa degenerare in una farsa, in cui i politici si presentano ovunque, cercando consenso anche nei contesti più banali.
In particolare, Aristofane fa spesso appello all’intelligenza critica del pubblico, mostrando come i politici coorano il rischiod i diventare comici e mediocri personaggi pur di cercare la facile approvazione, anche attraverso apparizioni eclatanti ma inconsistenti. La sua satira costruisce un ribaltamento ironico della realtà politica: i protagonisti sono figure grottesche, che si esibiscono in scenari pubblici e manifestazioni di poco conto, ma con pretese grandiose, per cui il loro comportamento diventa motivo di scherno e riflessione critica sulla democrazia ateniese.
Questa impostazione satirica non è solo volta a criticare singoli personaggi, ma denuncia con sarcasmo il presenzialismo politico, ossia la tendenza dei politici a essere sempre presenti ovunque, anche in occasioni di scarso rilievo, per guadagnare visibilità e consenso, svuotando di significato la partecipazione politica stessa.
Aristofane lo fa soprattutto nella sua commedia "I Cavalieri" (424 a.C.), in cui mette in scena una satira feroce contro la politica dell’epoca, rappresentando il demagogo Paflagone (allusione al politico Cleone) come un individuo che adula in modo ipocrita il popolo (personificato da un vecchio bisbetico, Demos) per guadagnare consenso personale e potere, non curandosi affatto dei veri interessi della città.
Nel prologo, ad esempio, i servi di Demos lamentano il comportamento di Paflagone che "mentre questi (Demos) pranza, gli sta vicino, e scaccia... gli oratori con una sferza di cuoio; e gli recita degli oracoli: il vecchio ne va in estasi!", evidenziando la presenza morbosa e pervasiva del politico ovunque, anche nelle più insignificanti attività, per accaparrarsi il favore del popolo con finte profezie e adulazioni.
I servi discutono come Paflagone "ha l'occhio dappertutto; e tien le gambe questa in Pilo, quell'altra in assemblea", descrivendo appunto la sua presenza continua e invasiva nelle sedi pubbliche, nelle piazze e nelle assemblee, per esercitare il controllo e guadagnarsi consenso ovunque.
In più punti, Aristofane descrive Paflagone e chi lo sostiene come abili manipolatori che usano ogni trucco per mantenere alta la loro visibilità e la loro influenza: “Tutti si mettono in moto per sostenere il salsicciaio (un altro demagogo rivale), perché anche se domina Paflagone con le sue calunnie e trame, il gioco politico consiste nel farsi vedere, nel farsi ascoltare, nel dominare la scena pubblica con chiassose dispute e promesse vuote”.
La satira di Aristofane ha ancora oggi una straordinaria attualità nella critica del potere visibile ma vuoto e autoreferenziale. Oggi più che mai, infatti, in molti paesi democratici il presenzialismo politico assume la forma di un fenomeno degenerativo della democrazia stessa: politici sempre in scena, pronti a mostrarsi in ogni occasione, anche banale, per accaparrarsi consensi e visibilità, svuotano di senso la partecipazione politica autentica e la trasformano in uno spettacolo. Il tutto amplificato da televisione e social network.
Questo comportamento è sicuramente ben presente in Italia, sia a livello nazionale sia a livello locale, con esponenti politici anche di primo piano che si pavoneggiano in sagre, processioni religiose, inaugurazioni di ogni sorta di monumento, strada, piazza. La giustificazione di questo presenzialismo spiccato è la volontà di stare vicino alla gente, in realtà è un banale stratagemma elettorale, di ricerca o conferma del consenso. Ormai tanto radicato da essere riproposto anche lontano da appuntamenti elettorali. Tuttavia una percentuale sempre maggiore di persone rivela la sua insiofferenza nei confronti di questi comportamenti. Lo fa sui social, prevalentemente, con ironia, con sarcasmo, a volte purtroppo in modo volgare. Effettivamente non se ne può più di vedere ministri o presidenti di regione intenti a fingere di praticare qualsiasi attività o sport, pur di rendersi empatici, in contesti a volte davvero poco adeguati al loro status. Qualcuno non si rende conto che “il troppo stroppia” e che “Mè lien”, non bisogna esagerare, non bisogna andare oltre la misura, come dicevano gli antichi Greci.
Prima ancora che rempirsi le agende di tagli dl nastro o sagre paesane i nostri politici di più alto rango dovrebbero pensare a scrivere leggi, a partecipare alla vita del parlamento nazionale e di quelli regionali, a stare al loro posto, semplicemente. Lasciando sagre e tagli del nastro in borgate e frazioni a sindaci, rappresentati delle province, altri amministratori locali.
Possibile che i loro portaborse non glielo ricordino?

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