Troppi turisti in Italia?
Città e località di montagna si lamentano di avere troppi turisti, ma forse il problema non sono i numeri, quanto l’organizzazioneOgni anno l’estate porta con sè il dibattito sull’ “overtourism” un fenomeno definito dall'Organizzazione mondiale del turismo come “l’impatto […] su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”.
È stata pubblicata nei giorni scorsi un’indagine condotta dall’Istituto Demoskopika, da cui emergono le località italiane maggiormente affollate dai turisti, in queste settimane estive: Rimini è al primo posto, con Venezia e Bolzano, seguite da Livorno, Napoli, Milano, Trento, Roma, Verona e Trieste. L’indice elaborato dall’Istituto Demoskopika tiene conto di cinque indicatori chiave: densità turistica, densità ricettiva, intensità turistica, utilizzo dei posti letto e quantità di rifiuti urbani prodotti dai turisti. Il risultato è una scala che classifica le province italiane da “molto basso” a “molto alto” in termini di pressione turistica. Nel 2025, ben dieci province si collocano al livello più critico. A Rimini, ad esempio, si contano oltre 17.000 turisti per km² e si registrano 76,8 kg di rifiuti per turista. A Venezia, ogni abitante deve farsi carico di quasi 47 turisti. A Bolzano, ancora peggio: 69 turisti per ogni residente. Da più parti si sottolinea che l’overtourism ha importanti ricadute negative sulla vivibilità urbana e sostenibilità sociale e si invocano una governance più equilibrate del turismo, la destagionalizzazione, la promozione di mete alternative.
È ormai ampiamente documentato che il fenomeno dell’iperturismo porta con sé rilevanti trasformazioni economiche, sociali e urbanistiche, che conducono a quella che si definisce "turistificazione" di un luogo. Si verifica in questi casi un cambio del modello di economia locale, con la nascita di attività prima assenti, come consorzi di guide turistiche, ristoranti, rivendite di cibo da asporto, locande e paninoteche, alberghi, B&B, si assiste al proliferare di alloggi ad affitti brevi, con relativo allontanamento di affittuari di lungo periodo o studenti. Si moltiplicano anche i negozi di souvenir che prendono il posto di negozi tradizionali destinati ai residenti.
Una delle conseguenze più evidenti della turistificazione è l’aumento generale dei prezzi, in particolare di quello degli affitti, che ha gravi ripercussioni sulle fasce più deboli della popolazione.
Non si lamentano dell’overtourism soltanto le città: il fenomeno investe anche alcuni territori montani. Lo ha ricordato in una recente intervista Michele Sasso, giornalista e autore di "Montagne immaginarie" (Edizioni Ambiente, 2024). L’anno scorso il presidente nazionale del CAI, Antonio Montani, aveva addirittura proposto, come provocazione, di far uscire le Dolomiti dalla lista dei siti Unesco per frenare l’arrivo di turisti. Questi luoghi, facilmente accessibili e promossi da guide, pubblicità e social media, soffrono di una sempre più forte pressione antropica, che mette a dura prova la flora e la fauna locali, compromettendo l'equilibrio ecologico. L'afflusso massiccio di visitatori porta con sé anche rumore, sovraffollamento e inquinamento. Il contrasto che si genera causa può condurre ad una perdita dell’identità culturale delle comunità locali, indotte a modificare il proprio stile di vita per soddisfare le aspettative dei turisti. Le tradizioni spesso diventano mera rappresentazione ad uso dei turisti. Il fenomeno non riguarda soltanto le Dolomiti, ma si estende ad altre aree alpine, come la Valle d’Aosta, fino ad arrivare alle valli del Cuneese. Qui non è tanto la quantità elevata dei turisti a preoccupare, quanto le conseguenze sul mercato immobiliare, che ha visto i prezzi delle case salire alle stelle, rendendole inarrivabili per i residenti. Se l'economia montana diventa eccessivamente dipendente dal turismo, inoltre, espone le comunità locali a fluttuazioni stagionali, con servizi limitati ai periodi di massima affluenza. Nei mesi di bassa stagione diventa difficile persino bere un caffè o acquistare il pane in alcune valli delle Alpi occidentali.
Le soluzioni proposte per limitare l’iperturismo sono simili in città e in montagna e consistono quasi sempre nell’introduzione di ticket a pagamento per determinate aree e nell’imposizione di vari divieti. A Firenze, una delle città più attive nel contrasto all’overtourism, si sono introdotte misure come il divieto di keybox nel centro storico, lo stop a veicoli atipici e l’obbligo di ID sugli affitti brevi. I divieti e i ticket, tuttavia, sono soluzioni che possono solo minimamente contenere il problema. È necessario intervenire più a fondo, con politiche che favoriscano una vera cultura del turismo nel nostro paese e che non si limitino a provvedimenti tampone. Ed è altrettanto necessario intervenire sugli aspetti organizzativi dei flussi turistici, che vadano a migliorare l’efficienza delle infrastrutture, dei servizi, delle amministrazioni locali.
Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 17 luglio, riguardo alle periodiche lamentazioni sull’overtourism, scrive che il problema in Italia non deriverebbe tanto dal numero assoluto di turisti, quanto dalla gestione di questo flusso. Una tesi avvalorata dai numeri – che vedono l’Italia solo al quinto posto al mondo per volume di visitatori – e che porta a chiamare “overtourism quella che è semplicemente mancanza di organizzazione”. Le carenze più evidenti riguardano viabilità e strade come testimonia un recente viaggio di Cazzullo in Toscana: “Quattro ore di automobile, rallentate da cantieri continui e da una mobilità pubblica insufficiente”, racconta. Il turismo di qualità “non vuol dire solo alberghi e ristoranti, ma ha bisogno di reti e collegamenti e anche di arte e spettacolo. Richiede architetti, ingegneri, interpreti, guide specializzate, artisti”. E nel momento in cui tanti talenti restano inutilizzati o sottoutilizzati, l’intero comparto perde potenzialità, impedendo quel salto di qualità indispensabile per una gestione virtuosa di una risorsa fondamentale come il turismo.

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