Senza “consenso libero e attuale”: l’Italia ridefinisce il reato di violenza sessuale
La proposta di legge mira a tutelare meglio la persona offesa, evitando di metterla nel mirino di interrogativi futili riguardo i suoi comportamentiNel corso della settimana, con una decisione che molti definiscono storica, la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità un emendamento che modifica il reato di violenza sessuale disciplinato dall’articolo 609-bis del Codice Penale.
Per la prima volta il nuovo testo introduce la questione del “consenso libero e attuale”, in quanto secondo la nuova formulazione, “chiunque compie o fa compiere atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Non conta più solo se c’è stata violenza, minaccia o abuso di autorità, ma anche se manca un consenso validamente prestato. La norma contempla anche chi “costringe mediante abuso di autorità, ovvero chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa”.
Il concetto di “particolare vulnerabilità” entra così esplicitamente a fare parte degli elementi che servono per individuare un reato: condizioni come dipendenza economica, uso di sostanze, alterazione della capacità di decidere, sono ora riconosciute come fattori aggravanti o elementi della fattispecie.
Il modello tradizionale, basato sulla resistenza o sulla dimostrazione di forza fisica, perde il suo ruolo centrale nel testo; ora la domanda che conta è “Hai dato il consenso?” anziché “Hai opposto resistenza?”.
Con questa riforma, l’Italia si allinea più chiaramente alla Convenzione di Istanbul, che definisce la violenza sessuale come rapporto senza consenso e richiede che il consenso sia “una libera manifestazione della volontà della persona” e sia valutato tenendo conto della situazione, del contesto. In questo modo nel Codice penale il consenso diventa lo strumento principale che distingue uno strupro da una violenza.
Per le vittime, questa modifica può tradursi in una tutela più immediata e meno soggetta a interrogativi su come si è comportata la persona offesa, quali – fra i più frequenti – “che cosa indossava?”, “perché non si è difesa?”. Il cambiamento normativo mira a evitare dinamiche di colpevolizzazione della vittima.
La proposta di legge, ora in discussione, segna un passo storico per il diritto penale italiano.
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