Salari: mentre l'Europa si riprende, in Italia i progressi non arrivano
La penisola continua a distinguersi per essere una delle poche Nazioni che non è ancora riuscita a riportare le retribuzioni pari o superiori ai livelli pre-CovidSe si parla di mercato del lavoro, si potrebbe quasi definire l’Italia come un’anomalia europea: il rapporto annuale della Commissione europea sull'evoluzione dei salari fotografa un’Unione che mostra riprese, mentre il nostro Paese continua a registrare ritardi che pesano sul potere d’acquisto e sulla motivazione dei lavoratori. La penisola, penultima per livello di adeguamento retributivo e per riconoscimento dei meriti lavorativi, si distingue così per essere una delle poche Nazioni che non è riuscita a riportare i salari reali pari o superiori ai livelli pre-Covid, insieme alla Repubblica Ceca, la Germania, la Francia e la Finlandia.
Per quanto quindi in realtà l’Italia non sia sola in questa particolare classifica, è innegabile come la situazione, che dal 2019 al 2024 ha portato a registrare una crescita negativa del 4,4% dei salari italiani, sia molto grave. Di fatto solo la Repubblica ceca vive in un contesto peggiore, che ultimamente però sta migliorando nettamente.
Una lettura più completa del fenomeno emerge dal confronto tra retribuzioni nominali e retribuzioni reali, cioè calcolando quanti beni e servizi si possono realmente acquistare con il proprio stipendio, tenendo conto dell’inflazione. Infatti sebbene in Italia gli stipendi non siano i più bassi d’Europa, il loro potere d’acquisto è decisamente ridotto.
Mentre lo stipendio lordo medio mensile nel nostro Paese nel 2023 è stimato intorno a 2.729 euro, la media europea è di circa 3.155 euro; ciò fa registrare un divario di circa 429 euro al mese. In termini netti, per un lavoratore singolo, il reddito medio annuo è di circa 24.797 euro.
I salari reali italiani all’inizio del 2025 risultano 7,5 % inferiori rispetto al 2021, un segno che gli aumenti nominali non hanno compensato l’inflazione.
Se guardiamo a un settore simbolico come la scuola, il divario diventa ancora più evidente. Facendo riferimento ai dati del rapporto Eurydice 2023/2024, i docenti italiani sono fra i meno pagati d’Europa. Un insegnante italiano a fine carriera percepisce poco meno di 43.000 euro lordi annui, contro oltre 82.000 euro in Germania e oltre 100.000 euro in Lussemburgo.
Inoltre, l’Italia occupa una delle ultime posizioni anche per la quota di posti di lavoro ad alta retribuzione e produttività: appena il 6,5 % degli impieghi italiani rientra in questa fascia, un valore comparabile esclusivamente con Grecia e Romania.
Il ritratto che emerge da queste graduatorie è quello di un’economia che, nonostante cerchi di allinearsi su alcuni fronti, non riesce a sostenere i propri lavoratori tramite retribuzioni adeguate, non almeno se si prende in considerazione quello che è il costo della vita al giorno d'oggi.

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