In Italia si lavora di più, ma gli stipendi non aumentano
Mentre l’occupazione cresce, quasi la metà dei nuovi assunti finisce a occupare impieghi a bassa retribuzioneSecondo l’ultimo rapporto Istat, che incrocia i dati occupazionali 2018-2023 con quelli sui redditi familiari 2018-2022, in Italia l’occupazione risulta in ripresa, ma la qualità del lavoro spesso lascia spazio a diversi dubbi. Pur con un incremento complessivo del tasso di occupazione (nel 2023 nella fascia 15-64 anni è salito dal 60,1% al 61,5%) e una diminuzione della disoccupazione (dall’8,2% al 7,8%), la realtà per molti lavoratori è fatta di retribuzioni modeste.
Nel 2023 il 42,7 % dei nuovi occupati ha trovato un’impiego classificabile a “basso reddito”, mentre solo il 6,9 % è stato assunto, almeno inizialmente, in professioni ad alto reddito. Questo significa che quasi 4 neo dipendenti su 10 sono finiti in ruoli che offrono compensi ridotti, con scarse prospettive di crescita.
I guadagni da occupazione sembrano essere cresciuti in misura variabile nelle famiglie con redditi bassi, con un aumento del il tasso di occupazione fra il +2,3% e il +2,7% nel 2023; ma spesso si fa riferimento a contratti instabili o a termine, con stipendi bassi e poche garanzie. L’aumento di occupazione ha invece interessato anche fasce anagrafiche come i giovani 25-34 anni (occupazione al 68,1%, con il +2%) e gli over 55 (aumento del +2,3%, fino a +3,5% in certi segmenti di reddito). Tuttavia, questo non garantisce per forza una retribuzione adeguata.
Il divario di genere resta purtroppo forte, in quanto nelle famiglie a reddito basso il tasso di occupazione maschile è del 66,2% contro un 38,7% per le donne. Inoltre anche l’istruzione fa la differenza, poiché tra i meno istruiti la probabilità di finire in un’occupazione mal retribuita è molto più alta. In generale, anche se il numero di contratti a tempo indeterminato è salito (dal 39,8% al 41,2%), tra i redditi più bassi solo il 15,8% degli occupati ha firmato un contratto stabile; al contrario, tra i redditi più alti la quota di stabili arriva al 57,3%.
Il quadro tratteggiato dall’analisi Istat mostra ancora una volta una contraddizione evidente: l’Italia sembra “tener alto” il numero degli occupati, ma troppo spesso a prezzo di retribuzioni basse, precarietà e scarsa mobilità economica. In sostanza, l’estensione dell’occupazione non si traduce in un reale miglioramento del livello di vita per tanti cittadini, e in un contesto di costi, caratterizzati da inflazione e spese, che continuano a crescere, rimanere “occupati ma poveri” rischia di diventare la norma.
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