L’8 luglio festeggerà 104 anni il filosofo e sociologo francese Edgar Morin, noto per il suo pensiero sulla complessità e l'educazione, che si fonda su un approccio transdisciplinare e integrato dei saperi. Nella sua opera più importante, in sei volumi, “Il metodo” (1977-2004), Morin denuncia la frammentazione del sapere in discipline separate, che pur essendo utile per il progresso scientifico, impedisce di cogliere la complessità e le interconnessioni della realtà. La realtà va vista come un sistema complesso in cui le parti interagiscono e generano proprietà emergenti non prevedibili isolatamente. Per comprendere il mondo contemporaneo, Morin propone un dialogo tra diverse prospettive e discipline, superando la compartimentazione del sapere. Solo un pensiero che integri contributi diversi può offrire una visione autentica e globale della realtà. Per affrontare la complessità e preparare al futuro, l’educazione deve trasmettere soprattutto la conoscenza dei limiti e delle illusioni della conoscenza stessa, e la capacità di collegare e contestualizzare i saperi. Morin riprende Montaigne per distinguere tra una "testa ben piena" (accumulazione di nozioni senza ordine) e una "testa ben fatta", cioè una mente capace di organizzare, collegare e usare il sapere per risolvere problemi e affrontare la complessità. L’educazione deve mirare a sviluppare questa capacità critica e strategica, non solo a trasmettere nozioni. In occasione del suo 104° compleanno uscirà in libreria un volume, “Semi di saggezza”, pubblicato da Raffaello Cortina Editore, che raccoglie una serie di tweet pubblicati da Morin nel corso degli anni: sono come un albero. Il vento disperde i semi che spando. A volte ricadono su terreni aridi; in altri casi germoglieranno, lontanissimo da qui. Ogni pensiero di Edgar Morin è davvero un seme di saggezza e dà voce alla speranza in un mondo sempre più intriso di guerre e di odio. È più che mai necessario, urgente anzi, che questi semi di un’umanità positiva si diffondano e mettano radici. Anticipiamo alcuni di questi tweet, proprio a partire dalla speranza: Non si combina nulla senza speranza, murandosi nella malinconia, nella stizza o nella rassegnazione. Tre stati d’animo oggi così comprensibilmente presenti, ma che confinano le persone in bunker grigi e impenetrabili anche dalle piccolo gioie che soltanto la speranza può ancora alimentare. Se ho vissuto tanto a lungo – scrive Morin – è perchè non ho mai serbato rancore. Ecco un altro consiglio prezioso in un periodo in cui tutti sembrano e sono arrabbiati con tutti, dal vicino di casa al ministro all’insegnante. Spesso la soluzione ad un problema, l’interpretazione di un fatto, la verità sono più vicine a noi di quanto immaginiamo: le verità che ormai ci paiono banali vanno rivitalizzate. Ci sto provando con questi miei ultimi tweet. Morin riconosce di aver più volte, durante la sua lunga vita, preso abbagli o imboccato strade improbabili e una delle conseguenze è stata la solitudine: tutte le svolte che ho imboccato nella vita erano altamente improbabili…Avevo vent’anni ai tempi dell’occupazione nazista e dell’eroica resistenza dell’URSS. E così sono diventato comunista. Per sei anni ho creduto nel sol dell’avvenire. Solo per gradi ho afferrato l’immane menzogna…La solitudine è il destino dei pionieri, ma anche di chi ha sbagliato strada. E poi alcuni pensieri sulla vecchiaia, momento in cui – se si ha la foruna di invecchiare bene come Morin – le esperienze delle vita si compongono e diventano un distillato prezioso, che fa sentire l’energia di una nuova giovinezza: è strano sentirsi giovani quando si è anziani. La scoperta più sorprendente, a 104 anni, è anche la più semplice: Crogiolarsi al sole, semplicemente. Un sentimento di pienezza che ho scoperto sul tardi. Dal filosofo che più di tutti ha studiato e sostenuto la complessità, un riconoscimento commovente alla semplicità.