Italia - Intelligenza artificiale: l’Italia è ancora ferma tra diffidenza e continui ostacoli

Non diminuisce il timore che la rivoluzione digitale possa trasformarsi in una forza potente ma difficile da incanalare e governare

Monica Martini 23/10/2025 14:50

In Italia l’avanzata della ‎Intelligenza Artificiale appare contrassegnata da un mix di diffidenza sociale, scarsa penetrazione aziendale e limiti infrastrutturali. Diversi studi e indagini raffigurano infatti un Paese che, pur consapevole delle potenzialità della tecnologia, fatica a tradurle in azione concreta. Gli italiani sono i primi a dichiararsi preoccupati nei confronti dell’aumento dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana. Di fatto, in base ai dati raccolti dal nuovo report del Pew Research Center, pubblicato lo scorso 15 ottobre e basato su oltre 28mila interviste raccolte in 25 Paesi, solo una minoranza si dice ottimista riguardo l’introduzione dei nuovi strumenti digitali, mentre il resto del campione esprime sentimenti più restii, come ansia, timore e confusione. Solo pochi giorni fa un gruppo di oltre 200 scienziati, politici e premi Nobel aveva lanciato un appello all'Onu per chiedere un accordo globale per imporre delle regole e dei limiti ben precisi all'uso dell'intelligenza artificiale. In questo modo si potrebbe andare anche a ridurre la diffusa sfiducia che le comunità hanno nei confronti delle istituzioni chiamate a gestirne l'impatto. Di fatto in Europa, solo Grecia e Francia presentano un livello di preoccupazione simile a quello italiano. Sotto un punto di vista aziendale la situazione non è più rosea, basti pensare come il rapporto “Intelligenza Artificiale in Italia – La rivoluzione che sta cambiando il business”, realizzato da Minsait (gruppo Indra), insieme al Centro di ricerca in Leadership, Innovazione e Organizzazione (Clio) dell’Università Luiss Guido Carli, ha rilevato che metà delle imprese italiane non utilizza l’IA e come in una su cinque la mancanza di competenze rappresenta un freno concreto. In termini comparativi, secondo dati resi noti da Eurostat, solo l’8,2 % delle imprese italiane ha impiegato tecnologie di IA nel 2024, contro una media UE del 13,5 %; questo posiziona l’Italia tra i Paesi con minore adozione, alimentando il rischio di restare relegata a consumatrice anziché protagonista dell’innovazione. Tra i fattori che frenano l’adozione dell’intelligenza artificiale emergono alcuni elementi ricorrenti, come la carenza di infrastrutture adeguate per supportarla, soprattutto nelle Pmi, diffuse lacune nelle competenze digitali e nelle figure professionali specializzate, l’incertezza normativa, e la percezione della protezione dei dati ancora come debole. L’Italia di oggi si trova così sospesa tra il fascino per l’innovazione e la nostalgia per un mondo più semplice. Un Paese che vuole credere nell’IA ma non riesce ancora a trasformare la volontà in capacità operative. Il rischio è che la penisola rimanga marginale nella corsa digitale globale, cedendo spazio a Nazioni più rapide nel definire infrastrutture, competenze e modelli di utilizzo. Per evitare che l’IA diventi un’occasione persa, è necessario un approccio coordinato: investimenti mirati, formazione diffusa, regolamentazione chiara e una cultura dell’innovazione più aperta al cambiamento.

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