L’Italia ha perso tre posizioni, passando dal 46° al 49° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere (Rsf), registrando il peggiore risultato tra i Paesi dell’Europa occidentale.
Nel panorama giornalistico italiano, diverse sono le criticità che spiegano il perchè di questo basso posizionamento; i giornalisti continuano a ricevere minacce da parte di organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, e di gruppi estremisti violenti. A volte i professionisti dell'informazione cedono all'autocensura, sia per seguire la linea editoriale seguita dai loro media, sia per paura di possibili azioni legali, come denunce per diffamazione.
Alcuni giornalisti ritengono che, come ulteriore ostacolo alla libera informazione in materia giudiziaria, la classe politica attraverso la “legge bavaglio”, che si aggiunge alle procedure SLAPP diffuse nel Paese, sta provando a vietare di pubblicare ordinanze preliminari, integralmente o sotto forma di estratti, almeno non prima che l’udienza preliminare sia conclusa.
La possibile acquisizione dell’Agenzia Giornalistica Italiana (AGI) da parte di Antonio Angelucci, membro della maggioranza di governo e già proprietario di diversi quotidiani, solleva preoccupazioni sulla minaccia della concentrazione dei media e sui conflitti di interesse, nel mentre che la carta stampata sta affrontando un periodo di crisi e le piattaforme giornalistiche online sembrano dipendere sempre di più dagli introiti pubblicitari e dalle sovvenzioni pubbliche.
A livello globale, la Norvegia mantiene il primo posto nella classifica, mentre l’Eritrea si posiziona all’ultimo, preceduta da Cina e Corea del Nord. Negli Stati Uniti, la situazione è peggiorata, con il Paese che scende al 57° posto, dietro la Sierra Leone, anche a causa degli “attacchi quotidiani” contro la stampa da parte del presidente Donald Trump.
La situazione della libertà di stampa in Italia è quindi motivo di crescente preoccupazione; Rsf segnala un ambiente sempre più ostile per i giornalisti e una tendenza all'autocensura dovuta a pressioni politiche e legali.