L’Italia negli ultimi mesi ha registrato un rallentamento dell’inflazione complessiva, con l’indice generale dei prezzi al consumo che è sceso indicativamente all’1,6%. Un dato apparentemente positivo, ma che nasconde una realtà complessa e preoccupante per le famiglie italiane: il costo della spesa alimentare aumenta sempre di più, erodendo il potere d’acquisto e costringendo a sacrifici quotidiani.
Il calo dell’inflazione generale è una delle conseguenze principali della diminuzione dei prezzi degli energetici; i dati Istat di maggio mostrano una diminuzione dei non regolamentati del -4,3% (dal -3,4% di aprile), e un rallentamento nella crescita per quelli regolamentati, passando dal +31,7% al +29,3% su base annua. Questo è dovuto in parte al calo dei prezzi del gas e dei carburanti (la benzina è scasa del 10,2%, il gasolio da riscaldamento del 10,5%), sebbene i costi dell’elettricità nel mercato tutelato rimangano stabili a un elevato +46,5%.
Tuttavia, questa flessione generale crea un “paradosso” o “illusione ottica”, come la definiscono le associazioni dei consumatori; mentre l’energia costa meno rispetto ai picchi del 2022-2023, i prezzi dei beni alimentari continuano a salire con un impatto costante che va a pesare sul “carrello della spesa”. Gli alimentari lavorati (pasta, pane, biscotti, latticini e molti altri) hanno registrato un’accelerazione, passando da un +2,2% ad aprile a un +2,7% a maggio su base annua. Anche i beni alimentari non lavorati (frutta, verdura, carne, pesce), pur rallentando, segnano comunque un aumento significativo del +3,5% su base annua (rispetto al +4,2% di aprile). Questo aumento è percepito in modo più intenso dai consumatori perché riguarda prodotti ad alta frequenza d’acquisto. I costi di produzione e trasformazione per le aziende alimentari rimangono elevati, a causa delle materie prime (cacao, zucchero, grano in aumento), imballaggi, trasporti e logistica. Questi costi vengono spesso scaricati sui consumatori, colpendo soprattutto chi possiede un reddito medio-basso.
Il caro-spesa sta modificando drasticamente le abitudini alimentari. Si registra un crollo drammatico nel consumo di oli e grassi (-36%), ma anche di pesce (-22%) e verdure (-21,5%). Questo dato è un segnale d'allarme per la salute pubblica, in particolare per le fasce più deboli della popolazione. Il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso, sottolinea rincari specifici per prodotti come burro (+19,6%), caffè (+24,7%), cioccolato (+12%), cacao (+19,1%), uova (+7,1%), gelati (+3,4%), riso (+4,2%), e perfino frutta e verdura tipicamente estive come pesche e nettarine (+5,1%) e pomodori (+7,3%). Si teme che questi aumenti possano peggiorare con l'aumento della domanda estiva.
Le associazioni dei consumatori, tra cui l’Unione Nazionale Consumatori con il presidente Massimiliano Dona, lanciano l’allarme: senza interventi strutturali, il rischio è quello di scivolare in un circolo vizioso di impoverimento alimentare con effetti negativi sulla salute collettiva. Si stima che una coppia con due figli spenda 292 euro in più all’anno solo per cibo e bevande analcoliche, 309 euro considerando anche la cura della casa e della persona.
A livello territoriale, l’inflazione più elevata si registra a Bolzano, Napoli e Venezia (tutte al +2,3%), mentre i livelli più contenuti si osservano a Firenze (+1%), Aosta (+0,9%) e Parma (+0,8%). A complicare ulteriormente il quadro, il rischio di una nuova ondata inflattiva innescata dall'aumento del prezzo del petrolio, che si riflette a breve sui costi di carburante, trasporto e logistica, potrebbe vanificare i progressi sulla spesa energetica e aggravare ulteriormente la situazione per i consumatori.