La crisi della classe media sta avendo ricadute profonde e negative sul turismo in Italia nel 2025, nonostante la crescita complessiva degli arrivi e delle presenze spinta dai turisti stranieri. I salari reali in Italia sono rimasti sostanzialmente bloccati negli ultimi vent’anni, mentre il costo della vita (affitti, bollette, salute, trasporti) continua a crescere. L'inflazione, pur rallentata rispetto ai picchi del 2022, ha comunque ridotto il potere d’acquisto della classe media, rendendo difficile sostenere le spese essenziali e impedendo la formazione di risparmi significativi.
Il 60% circa degli italiani si identifica come classe media, ma questa è sempre più una percezione che una realtà economica. Specificamente, si considera “classe media” chi ha un reddito netto familiare compreso tra circa 22.500 e 60.000 euro annui, ma per molti in questa fascia il rischio di impoverimento è concreto: il 54% vive un senso di declassamento sociale, il 59% percepisce un tenore di vita in calo.
Una parte consistente di cittadini è costretta a rinunciare alle vacanze o a ridurre drasticamente durata e qualità dei soggiorni per via della perdita di potere d’acquisto. Spiagge, città d’arte e montagna appaiono spesso vuote nei giorni feriali, mentre si registra un picco di presenze soltanto nei weekend, fenomeno detto “turismo mordi e fuggi”.
Anche chi parte è costretto a tagliare sulle spese: vacanze più corte, scelte di alloggio più economiche, meno ristoranti, meno attività serali e ricreative. Questo si riflette direttamente sul fatturato di alberghi, stabilimenti balneari, ristoratori e attività commerciali nelle destinazioni turistiche.
Ben 8,4 milioni di italiani, secondo una ricerca di EMG Different rilanciata da Rainews, hanno dovuto rinunciare alle vacanze nel 2025 principalmente per motivi economici; di questi, circa 6 milioni indicano come causa l’aumento generale del costo della vita e dei prezzi dei viaggi.
La stagione turistica si sta accorciando e concentrando tra metà luglio e metà agosto, mentre mesi “spalla” come giugno e settembre risultano ormai poco redditizi per gli operatori, con un conseguente indebolimento delle economie locali e una ridotta sostenibilità del settore. L’indebolimento della domanda interna rende inoltre le imprese turistiche più dipendenti dai flussi esteri, aumentando la vulnerabilità a shock globali e diminuendo la resilienza dell’intero settore.
Il turismo domestico diventa sempre più selettivo e low cost: cresce il turismo “di ritorno” nei borghi di origine, nelle seconde case, e aumentano le soluzioni di alloggio alternative come affitti brevi e campeggi.
La crisi del turismo interno italiano si evince facilmente anche daIlle immagini che i social mostrano in questi giorni, con spiagge deserte, molti ombrelloni chiusi e sdraio vuote. A luglio, secondo i dati di Fipe/Confcommercio, le presenze sulle spiagge italiane sono infatti diminuite del 15%, con picchi del 25% in Emilia-Romagna e Calabria. Un calo principalmente dovuto a una crisi del turismo interno, mentre si registrano più turisti stranieri, provenienti soprattutto dal Nord Europa.
D’altra parte, occorre dire che il costo medio per una vacanza si è alzato significativamente nel 2025, con un aumento dei prezzi per alloggi (hotel e case vacanza) tra il 15% e il 25%, e rincari per ristorazione e stabilimenti balneari rispettivamente intorno al 3% e al 4-5% rispetto all’anno precedente. La spesa media pro capite per una vacanza è di circa 600 euro, ma con marcate differenze legate alla durata, destinazione e tipologia di viaggio. L’aumento dei prezzi porta molte famiglie a scegliere soggiorni più brevi, riducendo i giorni di permanenza pur mantenendo la meta italiana.
Anche in zone tradizionalmente rivolte al ceto medio, come la riviera romagnola, le famiglie faticano a far fronte all’aumento dei prezzi. Così chi molti preferiscono orientarsi verso mete estere più convenienti come Grecia, Albania o Egitto.
La stagione turistica 2025, soprattiutto quella balneare, lancia segnali di allarme che devono essere valutati attentamente: la corsa al rincaro dei prezzi registrata negli ultimi anni non è più sostenibile e può portare al collasso dell’intero comparto.
Non si può e non si deve rinunciare al mercato italiano e far diventare il mare roba da ricchi. L’indebolimento della domanda interna rende inoltre le imprese turistiche più dipendenti dai flussi esteri, aumentando la vulnerabilità a shock globali e diminuendo la resilienza dell’intero settore.
A differenza di quello balneare, il turismo estivo in montagna in Italia nel 2025 non è diminuito, anzi mostra segnali di crescita e buona vitalità. Secondo i dati più aggiornati gli arrivi in montagna stimati per l'estate 2025 sono oltre 6,8 milioni, con un aumento del 4,8% rispetto all'anno precedente. I pernottamenti superano i 74,8 milioni (+2,2%) e il fatturato stimato raggiunge oltre 6 miliardi di euro (+9,6%). La durata media delle vacanze in montagna è leggermente diminuita da 11,2 a 10,9 giorni, in parte per l'aumento dei costi (+7,2%) che spinge a soluzioni più brevi, con molti turisti che optano per una settimana o anche solo per brevi "assaggi di vacanza". Le località montane restano molto apprezzate soprattutto per rilassarsi, staccare dalla routine e passare tempo con famiglia e amici. La montagna nel 2025 supera anche le città d’arte come scelta di vacanza estiva (19% contro 17%), segno di una crescente preferenza per spazi aperti e ambienti più freschi, particolarmente apprezzati in estate.
Anche se il mare rimane la destinazione principale, le montagne recuperano terreno grazie a questi fattori e a un’offerta turistica in crescita e più aggiornata alle esigenze delle famiglie e dei giovani.