Italia - Gli stranieri laureati continuano a non cercare lavoro in l’Italia

Una professione al di sotto delle proprie competenze, un salario basso e un tasso di disoccupazione pari al 7,6%, sono solo alcune delle cause per cui la penisola rimane una meta poco attrattiva

Monica Martini 26/06/2025 11:06

L’Italia rimane una destinazione poco attrattiva per gli stranieri laureati che vogliono di trasferirsi in un altro Paese per accrescere le loro competenze e fare carriera. I cittadini immigrati residenti della penisola fra 15 e 64 anni, possessori di un titolo di studio universitario, sembrano coprire una piccola percentuale dell’11,7%, contro una media del 28% nell’Unione europea, fatta eccezione per la Grecia, dove la quota di immigrati laureati è dell’8,3%. Già Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, il 1° aprile riportando la situazione del 2024, aveva puntato i riflettori sulla questione delicata, soprattutto tenendo in considerazione che per ogni straniero under 34 che sceglie la penisola come destinazione, nove italiani se ne vanno. Il Bel Paese, infatti, sembra aver smesso di richiamare capitale umano e investimenti. Gli immigrati laureati che arrivano affrontano uno dei mercati del lavoro più difficili d'Europa. Oltre che a carenza di personale trovare un lavoro stabile può essere una lunga lotta. Innanzitutto, il percorso di riconoscimento legale in Italia di un titolo di studio conseguito all’estero è spesso difficile. Chiara Tronchin, ricercatrice della Fondazione Leone Moressa, afferma al riguardo: “È probabile che una parte del divario fra l’Italia e la Ue per numero di immigrati laureati sia da attribuire ai complessi e spesso lunghi processi di riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero, che finiscono per scoraggiare o penalizzare molti immigrati qualificati”. Antonella Martini, presidente del Cimea, l'organizzazione italiana che si occupa della conversione dei diplomi, sottolinea: “Un professionista del settore deve conoscere le normative e la struttura del sistema formativo straniero e del proprio, le fonti a cui attingere per trovare informazioni chiare e pertinenti, oltre a essere continuamente aggiornato sulle politiche che riguardano il Paese”. Se le prospettive sono quelle di trovare un lavoro al di sotto delle proprie competenze, ricevendo salari più bassi rispetto alla controparte italiane, con un tasso di disoccupazione pari al 7,6%, uno dei più alti dell’Unione, si chiariscono facilmente le motivazioni per le quali una persona all’estero detentrice di un titolo di studio universitario, informandosi sulle opportunità che il Paese può offrire, decida di non trasferirsi in Italia. Il livello dei salari, infatti, non aiuta né i laureati italiani a restare, né quelli stranieri a trasferirsi. Laura Zanfrini, docente di Sociologia delle migrazioni e responsabile del settore Economia e lavoro della Fondazione Ismu, afferma: “Fra i lavoratori stranieri ci sono figure molto richieste, quali gli infermieri, che preferiscono emigrare in Paesi dove si guadagna di più, come la Svizzera, piuttosto che trasferirsi in Italia. Un tema da affrontare a livello di sistema, coinvolgendo anche le aziende, è l’adeguamento della formazione e delle competenze dei lavoratori stranieri, prevedendo percorsi integrativi di carattere linguistico e professionale”. Nel frattempo, gli altri Stati europei cercano, invece, di attirare i “cervelli” con proposte allettanti. Dal 2017, ad esempio, la Francia porta avanti la strategia “Choose France”, che propone incentivi fiscali, semplificazioni amministrative e un dialogo costante con le imprese. Questo è solo una delle motivazioni che ha reso la Francia attualmente uno dei luoghi più attrattivi d’Europa ed è considerata tra le prime destinazioni europee per gli investimenti. L’Italia, che ha tutte le carte in regola per seguire questo modello, essendo la seconda manifattura d’Europa e possedendo un patrimonio culturale unico, ricercato e una posizione geografica strategica, in futuro dovrebbe cercare di migliorare le opportunità che offre agli stranieri, per diventare un luogo ambito in cui vivere e lavorare.

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